Ultimo atto di una generazione di showgirl a Las Vegas, fine di un’epoca fatta di lustrini e neon.

Shelly Gardner (Pamela Anderson) ha calcato per trent’anni il palco del Razzle Dazzle. Ha abbondantemente superato i cinquant’anni, per le giovani colleghe è quasi una figura materna. Ma quando il produttore dello spettacolo annuncia che lo show chiuderà nel giro di un paio di settimane, perché le vendite dei biglietti sono crollate, per Shelly il colpo è più duro del previsto.

Come sbarcare il lunario è ovviamente la preoccupazione principale, ma alla crisi professionale si affianca quella personale. Non è solo la fine di un sogno, che probabilmente continuava a vivere per inerzia nel suo status di veterana, ma anche la presa di coscienza che il tempo è passato. E, per una showgirl che ha puntato tutto sulla bellezza fisica, il mondo del lavoro è spietato: serve qualcuno di giovane e sexy, le dicono a un provino che fa alla ricerca di un nuovo impiego come ballerina. Come lei, aggiungono, molti anni prima è stata presa solo perché giovane e sexy.

Con The Last Showgirl, la regista Gia Coppola racconta la fine di un’illusione che sembrava eterna. Solitudine e identità di una donna che, ormai adulta e stanca, cerca un nuovo inizio.

Shelley, del resto, si è illusa per anni che il mondo dello spettacolo fosse la sua salvezza. Come affrontare la realtà ora che le luci si spengono?

Senza contare che i problemi personali riguardano anche ciò che per troppi anni è rimasto sepolto: vengono a galla i conflitti irrisolti di Shelly con la figlia Hannah, avuta molti anni prima con Eddie, il produttore dello show in chiusura. Le difficoltà personali si sommano a quelle familiari: mentre il sipario si abbassa sul futuro, il passato torna a chiedere il conto.

Impresa apparentemente ambiziosa, quella di Gia Coppola: meno di un’ora e mezza in stile povero, sgranato, tentando un trionfo di cinema indie in salsa agrodolce. Ma il convenzionale, qui, è poco incisivo, ha problemi di ritmo e fotografia, e male si appoggia all’inerte sceneggiatura di Kate Gersten.

La Coppola tenta il gioco di riflesso fra finzione e realtà trasformando il set in un doppio gioco di vita e spettacolo: sceglie l’ex-sex symbol Pamela Anderson provando a regalarle un nuovo atto cinematografico nel suo percorso di attrice, lontana dagli anni giovanili di Baywatch

Lei ce la mette tutta e se la cava, tant’è che Hollywood le ha concesso candidature al Golden Globe e allo Screen Actors Guild Award come miglior attrice (negandole però la nomination all’Oscar). Ma non riesce del tutto a dribblare il convenzionale, imbrigliata in una prova a tratti macchiettistica, più abbozzata che vissuta, senza riuscire a scrollarsi di dosso la sensazione di déjà-vu.

Jamie Lee Curtis interpreta l’amica di una vita Annette, showgirl di un tempo che ora lavora come cameriera di cocktail in un casinò. Un ruolo fuori fuoco, girato nei pochissimi giorni liberi della Curtis all’inizio delle riprese, che si rivela un mix di sopra le righe e resilienza poco utile al racconto.

Del resto, tutto il contorno resta vagamente nebuloso, in The Last Showgirl. La stessa città di Las Vegas, con la sua doppia faccia di lusso e miseria, sarebbe stata un ottimo personaggio in sé: la Coppola prova a farne un riflesso delle illusioni della sua protagonista ma, tentando di catturarne l’estetica vintage in pellicola 16 mm, ottiene un risultato che è troppo crudo e granuloso per restituire qualche forma di fascino.

La ricerca di forme di bellezza, così, resta superficiale, vacua: lascia parte del potenziale della storia inespresso.

Inaspettatamente premiato al festival di San Sebastián con il premio speciale della giuria e agli Astra Film Awards (i premi della Hollywood Creative Alliance) come miglior film indipendente, The Last Showgirl riesce a lasciare solo – al termine dei titoli di coda – una vaga sensazione di rimpianto, di nostalgia amara, stavolta inaspettatamente efficace pur fragile per dar senso a tutta la storia. Quasi un monito spietato, senza lacrime che consolano, di come il tempo passi e la bellezza della gioventù sia inevitabilmente destinata a sfiorire. Che è un po’ il tema della bella canzone che chiude il film, “Beautiful That Way” di Miley Cyrus, candidata al Golden Globe e al Critics Choice e vincitrice del premio dei critici (proprio) di Las Vegas.



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